Metodi per prevenire gli attacchi di panico.


A cura del Dott. Stefano Casali.

Non bisogna dimenticare che ci sono anche alcune situazioni di tipo medico che possono comportare sintomi d’ansia: anemia, prolasso della valvola mitrale, aritmie cardiache, disfunzioni vestibolari, la sindrome premestruale, alcuni sintomi della menopausa, il diabete, l'ipoglicemia, disturbi di tiroide e paratiroidi, l'asma e alcune infezioni sistemiche. Numerosi medicinali possono aggravare uno stato d’ansia. Alcune sostanze come la caffeina, la nicotina e altri prodotti usati come stimolanti, la pseudoefedrina (un decongestionante) [18], la teofillina (un broncodilatatore usato nella terapia dell’asma o della bronchite cronica), alcuni antiipertensivi e l’astinenza da alcool possono precipitare un attacco di panico. In modo simile, concomitanti stress di tipo psicologico, come problemi lavorativi, preoccupazioni economiche, difficoltà relazionali, precedenti esperienze o pensieri di tipo svalutativo (come il dubitare delle proprie capacità o il percepire di non avere il controllo della situazione) possono accrescere le possibilità di insorgenza del panico. Alcune ricerche hanno trovato che le preoccupazioni croniche predispongono maggiormente alle reazioni d’ansia e comportano maggior difficoltà nella capacità di rilassarsi rispetto a quella che hanno gli individui che sono meno predisposti a preoccupazioni o a ruminazioni ossessive [19].Numerose ricerche discutono dell’uso di farmaci per la prevenzione dell’attacco di panico e a molti soggetti, che praticano l’immersione subacquea sono stati prescritti farmaci, come imipramina, propanololo, paroxetina, fluoxetina o alprazolam, che si utilizzano nella terapia del disturbo d’ansia e degli attacchi di panico. Questi stessi studi riconoscono delle perplessità sull’utilizzo da parte dei sub di certi medicinali, specialmente se hanno una tendenza a dare sonnolenza o per il fatto che potrebbero in ogni modo danneggiare la consapevolezza dell’ambiente da parte del subacqueo [20]. Sono state usate anche una varietà di tecniche non farmacologiche per il trattamento dell’ansia, per le quali ci sono poche controindicazioni e in alcune persone, come quelle che presentano effetti collaterali ai farmaci, possono essere preferibili. Le principali sono: la desensibilizzazione sistematica, le tecniche implosive, la tecnica cognitivo-comportamentale e l’ipnosi. La comprensione dei meccanismi dell’ansia aiuta a capire come queste tecniche possono funzionare.

Desensibilizzazione sistematica.
Si tratta della tecnica più consolidata nel tempo e più utilizzata dai terapeuti comportamentisti; è stata sviluppata dallo psichiatra sudafricano Joseph Wolpe. Viene utilizzata soprattutto per il trattamento delle fobie e consiste nell'aiutare il cliente a rilassarsi e, quindi, gradualmente, ad affrontare la situazione o gli oggetti temuti. Ha le sue radici nella teoria comportamentale dell’apprendimento che si basa nei suoi aspetti sostanziali sul principio che ad ogni azione segue una reazione. Nella situazione di cui parliamo, uno stimolo (entrare in acqua) comporta una risposta (evitamento ed ansia). I teorici del comportamentismo sostengono che se la paura può essere condizionata o appresa, potrebbe con un piccolo impegno essere anche disimparata. Neutralizzando lo stimolo che provoca ansia con un altro non ansiogeno o che suscita un sentimento incompatibile con l’ansia, come il rilassamento, la persona dovrebbe essere in grado di superare l’originale sorgente dell’ansia. Per esempio, un allievo è motivato ad immergersi ma sperimenta ansia non appena ha terminato di preparare l’attrezzatura e sta per immergersi. Il solo pensiero di immergersi in acque libere causa accorciamento del respiro, tachicardia e profusa sudorazione. Per superare questo stato, il soggetto apprende tecniche di rilassamento, come il controllo del respiro e l’alternare tensione e rilassamento di gruppi di muscoli per arrivare ad una consapevolezza della differenza tra essere tesi ed essere rilassati. L’allievo sviluppa una gerarchia di pensieri e comportamenti che producono ansietà, che vanno da quelli che producono il minimo stato d’ansia (stare sul bordo della piscina) a quelli che ne producono uno maggiore (stare in piscina con l’attrezzatura completa) fino a quelli che danno il massimo di ansia (stare immersi in fondo alla piscina). Le persone possono passare attraverso una serie di esercizi mentali, come immaginare di avvicinarsi all’acqua, di preparare con attenzione e grande meticolosità la propria attrezzatura e quindi di scendere in piscina. Alcuni soggetti possono, invece, scegliere di effettuare una serie di esercizi, come camminare nella piscina, respirare attraverso un erogatore stando nell’acqua che gli arriva alla cintura, inginocchiarsi con la sola testa sott’acqua. Può essere effettuata anche una combinazione delle due metodiche. In base alle motivazioni individuali degli allievi, alla pazienza degli istruttori, dei dive master e del compagno di immersione, il candidato sub dovrebbe essere in grado di ridurre in modo significativo la sua ansia al punto da sperimentare la piacevolezza dell’attività subacquea. In conseguenza di questo, ogni immersione che è stata condotta con successo tende a rinforzare gli aspetti positivi dell’immersione ricreativa.